martedì 13 novembre 2012

Zone d'ordine - critica


Il linguaggio poetico di Mariangela Redolfini si avvale di alcuni angoli di osservazione che certamente rivelano il notevole eclettismo posto alla base della sua ricerca pittorica. Infatti, si passa da visioni ravvicinate, quasi macroscopiche – in particolare quelle in cui sono i fiori a dominare la tela – ad altre che allargano lo spazio di osservazione e indugiano su campi lunghi, scanditi da un’armonizzazione cromatica che consente una definizione dell’insieme equilibrata dalla giustapposizione dei piani e dei colori.
Nelle opere in cui i soggetti sono i grandi fiori, ci imbattiamo in una limpidezza formale alimentata da una notevole cura nella composizione e soprattutto da un solido e maturo utilizzo dell’illuminazione; tale peculiarità certamente proviene dalla formazione accademica dell’artista: una formazione sulla quale ha appoggiato il proprio background tecnico, che oggi estrinseca con notevole abilità nelle molteplici soluzioni pittoriche da lei proposte.
Nei paesaggi la pittrice riesce a effettuare una piccola alchimia narrativa: crea mondi in cui lo spazio si configura tra coordinate che non hanno tempo; non vi è nulla che possa consentirci di normalizzare queste immagini e far si che le si possa collocare in una realtà con referenti oggettivi. Forse si potrebbe – anche se a prima vista potrebbe sembrare un approccio troppo banale – ricorrere a riferimenti le cui radici possono essere scorte nella struttura della fiaba: c’è infatti in questi paesaggi qualcosa che fa pensare al mondo di Alice, un mondo posto al di là dello specchio che riflette le nostre certezze, ma che cela, nel suo retro, il baratro sul quale ci rendiamo perfettamente conto di essere solo fragili creature. E allora gli spazi di Mariangela Redolfini si pongono così sulla scia dei riverberi dell’universo inconscio che continuamente ci manda i suoi messaggi e che, tra visione onirica e immersione nel mare magnum del simbolismo, cerchiamo di conformare in un segno tangibile. La pittura, da sempre, è indubbiamente quel segno in grado di dare voce al nostro inconscio: ne abbiamo un esempio un esempio emblematico nel processo dialettico che caratterizza alcune delle opere di Mariangela Redolfini, sempre sorrette da una base tecnica equilibrata, mai stravolta da desiderio di superare limiti e valori. E poi, gli “azzardi” cromatici ci pare siano il prodotto di un desiderio di bellezza, equilibrio, soprattutto limpidezza. Contrasti dominati dalla luce: autentica protagonista del lavoro di questa sensibile pittrice.
L’origine realista posta alla base di tutte le costruzioni pittoriche che l’artista ci propone, viene via via adattata alle esigenze poetiche sulle quali si conforma un linguaggio alimentato da una tavolozza mai arida di colori e sempre limpidamente disposta a lasciarsi trascinare dal fascino, a tratti ludico, della spirale cromatica.

Massimo Centini

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