giovedì 30 ottobre 2014

Alcune note sui quadri esposti a ARTEDONNA



La bellezza delle cose esiste nella mente di chi le osserva.
David Hume

Le città invisibili

Nell’estate del 2011 ho avuto occasione di rileggere dopo molti anni Le città invisibili di Italo Calvino e subito ho capito il romanzo poteva essere lo spunto per viaggi fantastici, per visitare con occhi nuovi il suo mondo poetico. Ho deciso quindi di incominciare un ciclo di lavori liberamente ispirato al libro. Frutto di questa idea sono le tele che portano i nomi di città calviniane (Zora, Eutropia, Valdrada, Ottavia, Irene) oppure più genericamente ispirate alla poetica del romanzo, come “La Città invisibile” o “Meteora”.



Irene
Acrilico su tela, 120x60, 2014

"Irene è la città che si vede a sporgersi dal ciglio dell'altopiano nell'ora che le luci s'accendono e per l'aria limpida si distingue laggiù in fondo la rosa dell'abitato: dove è più densa di finestre, dove si dirada in viottoli appena illuminati, dove ammassa ombre di giardini, dove innalza torri con i fuochi dei segnali; e se la sera è brumosa uno sfumato chiarore si gonfia come una spugna lattiginosa al piede dei calanchi." Italo Calvino
In questo quadro, come del resto nelle altre opere di questo ciclo, lo scopo non è di riportare sulla tela la descrizione di Calvino , bensì quella di ricreare la sensazione che ha lasciato in me la lettura di quelle righe. Qui mi ha conquistato sia l’idea dell’affacciarsi alla morbida visione dello spazio che si perde fino all’orizzonte, sia la sensazione di precaria e al contempo accattivante percezione dell’osservatore che incombe sulla scena.


Valdrada
Acrilico su tela, 100x50, 2014

"Gli antichi costruirono Valdrada sulle rive di un lago con case tutte verande una sopra l'altra e vie alte che affacciano sull'acqua i parapetti a balaustra. Così il viaggiatore vede arrivando due città: una dritta sopra il lago e una riflessa capovolta. Non esiste o avviene cosa nell'una Valdrada che l'altra Valdrada non ripeta, perché la città fu costruita in modo che ogni suo punto fosse riflesso dal suo specchio". Italo Calvino
Di questo passo mi ha colpito l'idea della città doppia, le cui metà vivono in una forzata simbiosi. Trovo particolarmente affascinante le ultime righe in cui Calvino chiosa: "Le due Valdrade vivono l'una per l'altra, guardandosi negli occhi di continuo, ma non si amano". Si tratta di una conclusione imprevista e quasi paradossale per l’osservatore esterno a cui sembra che fra i due mondi non vi sia alcuna differenza, motivo per il quale si sarebbe tentati di supporre fra loro una solidale e spontanea empatia.

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