venerdì 13 aprile 2018

Visioni urbane e extraurbane- Castellamonte 2018



Visioni urbane ed extraurbane”
progetto di Mariangela Redolfini e Elena Piacentini, a cura di Anna Tabbia




TITOLO: “Visioni urbane ed extraurbane” mostra collettiva d’arte contemporanea , progetto di Mariangela Redolfini e Elena Piacentini, a cura di Anna Tabbia con nota introduttiva di Pasquale Mazza e Claudio Bethaz.
ARTISTI: Hudesa Kaganow, Mariangela Redolfini, Elena Piacentini,
Guglielmo Marthyn, Sandra Baruzzi.
INAUGURAZIONE: sabato 14 APRILE ore 16,00 presso il Centro Congressi Piero Martinetti Via P. Educ angolo Piazza della Repubblica.PERIODO ESPOSITIVO: dal 14 aprile al 5 maggio 2018, orario sabato e domenica 10.00/12,30 – 15,00/18,30


ORGANIZZAZIONE: Assessorato alla Cultura Città di Castellamonte con Cantiere delle arti Castellamonte
Sede espositiva: Centro Congressi Piero Martinetti Via P. Educ angolo Piazza della Repubblica – 10081 Castellamonte (TO)



Ingresso gratuito
Per informazioni e prenotazioni visite: Ufficio Cultura Castellamonte (TO) tel. 0124 5187216
Cantiere delle arti Castellamonte (TO) cell. +39 3403755732 email: sambaru@libero.it






Il progetto Visioni urbane ed extraurbane nasce dalle riflessioni di Mariangela Redolfini e Elena Piacentini su questo tema: le due pittrici hanno voluto confrontare questi loro pensieri con altri artisti che condividessero il significato profondo e eviscerassero con strumenti artistici multiformi le varie sfaccettature di un soggetto così ricco di stimoli.
Ecco la novità: un progetto collettivo, armonico, universale, con una visione ampia e condivisa, sottolineata dalla qualità tecnica e dalla ricerca artistica pluriennale di ogni artista.




Mostra d’arte contemporanea
“Visioni urbane ed extraurbane”




A cura di Anna Tabbia
con nota del Sindaco di Castellamote Pasquale Mazza e del Consigliere Delegato Claudio Bethaz




In un 2018 in cui, come amministratori di Castellamonte, abbiamo voluto cogliere la volontà di favorire una circolazione di idee e di competenze artistiche nel mondo artistico e ceramico cittadino, indicendo un concorso internazionale, siamo lieti di ospitare una mostra che già si spinge in questa direzione, contenendo opere di artisti del territorio e altri che arrivano da lontano. Uno scambio per crescere assieme sotto tutti i punti di vista. Nell’attesa di cogliere le suggestioni delle ceramiche e dei quadri raffiguranti le “Visioni urbane ed extraurbane”, che con impegno e un pizzico di follia magari si potranno realizzare proprio nel nostro Comune, riteniamo doveroso ringraziare Baruzzi e Marthyn per il loro consueto impegno ad elevare il livello artistico della nostra comunità, e a Kaganow, Redolfini e Piacentini per aver deciso di impreziosire con le loro opere questa mostra.
Con l’augurio, a tutti noi, che questo sia un altro tassello per il rilancio artistico e culturale che desideriamo per Castellamonte, e per il quale vogliamo lavorare.
Sindaco Pasquale Mazza Consigliere Delegato Claudio Bethaz



Sandra Baruzzi, Hudesa Kaganow, Guglielmo Marthyn, Elena Piacentini, Mariangela Redolfini hanno intrecciato le proprie vedute e hanno condiviso il loro fare nella mostra “Visioni urbane ed extraurbane”.

La parola VISIONE è una guida all’interpretazione del lavoro dei cinque artisti: VISIONE è l’atto del guardare, lo spazio che l’occhio può raggiungere, la forza visiva, ma certamente è anche qualcosa in più della semplice veduta. VISIONE suggerisce la potenza di un’apparizione straordinaria ed inaspettata, un non so che di divino, quasi un momentaneo trasporto estatico. Ed è per questo che i cinque artisti sembrano vedutisti, ma anche un poco visionari; anzi, più visionari che vedutisti: riproducono ciò che nella realtà vedono ma il tutto pare generato dal magico istante in cui si riesce a togliere il velo alle cose. Ed è qui che il mondo si rivela: dalla veduta di realtà alla rivelazione come svelamento di un senso.


“…ma visione apparve che ritenne a sé me tanto stretto”, dice Dante. Le visioni, infatti, tengono incollati tenacemente tanto che non è possibile distogliere lo sguardo: gli acquerelli di Piacentini sono il frutto di un occhio proteso alla ricerca dell’ inscindibile connessione tra emozioni e spazio circostante; per lo sguardo dell’architetto Kaganov lo spazio è natura antropoformizzata: una Natura vaso-contenitore-raccoglitore delle opere dell’uomo. Nelle ceramiche di Baruzzi l’uomo non c’è, eppur se ne avverte la presenza negli “edifici in terra di confine” che restituiscono il senso di esilio, di marginalità, dell’ essere periferico e decentrato, del non luogo e del vuoto da riempire ex novo. Urbani sono poi gli spazi di Redolfini che dalla realtà parte per riproporla in sintesi cristallizzate e geometrie esatte che trascendono il realistico punto di partenza e portano in un altrove esatto e preciso, dove nulla sfugge al controllo. Incantati e incantatori sono gli occhi di Marthyn: le sue ceramiche parlano la lingua delle fiabe e raccontano di una natura che fa sognare, di alberi fantasiosi, di gioia: la visione di un mondo che urbano non è. 
Anna Tabbia



Hudesa Kaganow, architetto ed artista visiva di origine franco-brasiliana, lavora da molti anni sul tema dell’Antropizzazione mettendo in luce il complesso rapporto esistente tra Uomo e Natura. La ricerca dell’Artefice consiste nell’identificare e raffigurare questa interazione attraverso la creazione di opere che registrino i diversi gradi d’intromissioni dell'uomo sull'ambiente naturale. L’obiettivo è di offrire un viaggio attraverso paesaggi urbani ed extraurbani dove poter visionare minimi segni, testimoni del passaggio dell’uomo, fino a spazi densamente urbanizzati che hanno completamente alterato gli elementi naturali preesistenti. Le metropoli, le città d’arte, risaie, cave che divorano montagne, un sentiero nel deserto, sono alcuni esempi della concretizzazione di decisioni singole o collettive. Osservare la qualità dei paesaggi trasformati guida gli spettatori a riflettere sugli effetti degli interventi sulla vita umana. Le analisi di strutture territoriali modificate sono ormai indispensabili a rammentare il fatto che è l’uomo stesso a subire o a trarre beneficio dei risultati del suo operatO.

Mariangela Redolfini, pittrice e insegnante, a partire dall’esperienza nel campo architettonico sceglie di raffigurare paesaggi urbani attraverso cristalli di forma, ordine e esattezza. Dipingere è per lei un’operazione di sintesi, di distillazione del reale; l’obiettivo dei suoi lavori è “ricreare vere e proprie zone d’ordine: spazi di equilibrio estetico e cromatico, baluardi logici in cui difendersi dall’irrazionale e dal brutto che dilaga nella quotidianità”. La Redolfini è sostenuta nella sua ricerca artistica dalla lettura delle Lezioni americane di Italo Calvino, pagine in cui lo scrittore dà un particolare rilievo all’Esattezza, ovvero la capacità di rintracciare l’ordine dentro il caos: “L’universo si disfa in una nube di calore, precipita senza scampo in un vortice d’entropia, ma all’interno di questo processo irreversibile possono darsi zone d’ordine, porzioni d’esistente che tendono verso una forma, punti privilegiati da cui sembra di scorgere un disegno, una prospettiva”. Nelle creazioni di Mariangela ecco, quindi, che ogni cosa ritrova un suo posto e riacquista un significato proprio, alla cui costruzione l’osservatore è invitato a partecipare, poiché, come disse David Hume: “la bellezza delle cose esiste nella mente di chi le osserva”.

Elena Piacentini, artista, restauratrice di decorazioni urbane del secolo XX e giornalista, trae dalla sua personale esperienza l’ispirazione per l’evento Vedute e visioni Metropolitane; in un continuo collegamento trasversale tra le due attività e le inevitabili ricerche da lei compiute sugli effetti degli spazi metropolitani negli stati emozionali. Scrive lo psicologo tedesco Daniel Leising che “il nostro comportamento e il nostro sentire è condizionato dalle forme degli spazi in cui viviamo”. Ogni essere umano dispone di un istinto rispetto al proprio territorio e alla zona personale, ad esempio è noto che in culture diverse dalla nostra lo spazio che si ritiene corretto occupare cambia. Tuttavia, dato che il contenuto di ogni comunicazione viene dato da chi lo riceve, ogni spazio assume agli occhi di chi lo vive un significato. Proporzioni, forma e spazio hanno infatti un effetto sugli stati mentali delle persone, come ricordano Ludovica Scarpa e J. Hillman (Spazi urbani e stati mentali: come lo spazio influenza la mente, 2007, e La città e l’anima dei luoghi, 2004).


Guglielmo Marthyn, realizza sculture in gres ceramico dal grande potere affabulatorio, dove una rigorosa ricerca dei materiali ceramici si sposa a uno stile onirico-fiabesco.
Le sue opere sembrano ispirate ai protagonisti di una fiaba antica, un universo popolato di simboli, metafore e parabole che ci permettono di entrare in profondo contatto con il nostro mondo emotivo. 
Cavalieri, dame, alberi incantati abitati da animali, sono i tasselli di una grande narrazione corale e, allo stesso tempo, ogni personaggio ha la sua storia da raccontare e da tramandare.
Marthyn ci presenta delle storie che in fondo appartengono un poco a tutti noi, vicende narrate che contengano elementi reali della vita quotidiana e che portano risvolti onirici.
Si incontra da un lato lo sguardo di meraviglia e di divertimento, dall’altro l’osservazione attenta di quello che ci circonda nella quotidianità. E’ una vena artistica che modera l’invenzione con la vita di tutti i giorni. 
I luoghi della memoria vengono citati e proposti perché radice antica che conduce alla testimonianza del vivere attuale in un confronto vivo e valorizzato, di certo una poetica del vivere ottimista, serena e propositiva.



Sandra Baruzzi, artista, ceramista e docente di Design Ceramica, attraverso la figurazione di sculture in ceramica colorata, fonda il principio delle “Geometrie urbane”: architetture di colori, di segni, di volumi, di pieni e di vuoti. Edifici in “terre di confine” dove prende forma l’immagine di una vita ai margini, nelle periferie, negli agglomerati urbani, un luogo dove viene conservato un carattere randagio, un luogo dove si accumulano contenitori di energie, forze, forme, geometrie, luci ed ombre. Incisioni orizzontali e verticali che tessono trame dove è incluso l’incontro con il vuoto. Il vuoto come condivisione di spazio che diventa apertura, dove il pensiero e il suo movimento trafila esperienze. In realtà queste opere in ceramica non sono altro che dei “non luoghi”, dei territori immaginari che desiderano esprimere, con l’energia delle loro geometrie cromatiche, delle terre di confine in cui s’avverte la percezione di un linguaggio caratterizzato da una condizione di perenne esilio e dal suo contrario, dalla ricerca di comunicazione. L’assenza di figure umane permette di rafforzare lo sguardo sulle linee forza dei tracciati e dei volumi. Linee verticali che si incontrano con le orizzontali, che segnano incroci, punti d’incontro, solidi che si sviluppano da ogni parti per congiungersi e con-fondersi con il cielo. Geometrie che tramano relazioni e integrazioni.

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